LA ZUPPA INGLESE E IL COMPLEANNO DELL’ARTUSI

Avrebbe compiuto 201 anni…Ieri, 4 agosto, era il compleanno di Pellegrino Artusi, l’Artusi, autore del primo ricettario ragionato della cucina in Italia. Un classico del suo genere. Ma ciò che mi piace di più è leggere lo stile narrativo, tra il giornalistico e il colloquiale, sempre con garbo sublime, come per esempio in questo frammento tratta dalla sua “zuppa inglese” che ho deciso di fare in suo omaggio: “In Toscana – ove, per ragione del clima ed anche perché colà hanno avvezzato così lo stomaco, a tutte le vivande si dà il carattere della leggerezza e l’impronta, dov’è possibile, della liquidità – la crema si fa molto sciolta, senza amido né farina e si usa servirla nelle tazze da caffè. Fatta in questo modo riesce, è vero, più delicata, ma non si presta per una zuppa inglese nello stampo e non fa bellezza”.
Termini come “vainiglia”, “cazzaruola”, “diacciare” e “isformare” mi fanno impazzire di gioia, oltre a farmi sorridere un po’.
Potete variare la ricetta con degli avanzi di torta.
Potete variare anche le ipotesi sul nome stesso di questo dolce…
come mai si chiama “zuppa inglese”? Ha a che fare veramente con la cucina inglese tradizionale oppure con quella italiana? E perché?
Vi lascio questo compito per le vacanze. Fate una ricerca, come quando si era a scuola, e vi divertirete a sapere le varie storie che legano la zuppa inglese alle differenti ipotesi culinarie.

Vi trascrivo la ricetta secondo la versione propria del libro famoso…

Ingredienti

Latte, decilitri 5.
Zucchero, grammi 85.
Farina o, meglio, amido in polvere, grammi 40.
Rossi d’uovo, n. 4.
Odore di vainiglia

Lavorate prima lo zucchero coi rossi d’uovo, aggiungete la farina e per ultimo il latte a poco per volta. Potete metterla a fuoco ardente girando il mestolo di continuo; ma quando la vedrete fumare coprite la brace con una palettata di cenere o ritirate la cazzaruola sull’angolo del fornello se non volete che si formino bozzoli. Quando s’è già ristretta continuate a tenerla sul fuoco otto o dieci minuti e poi lasciatela diacciare.
Prendete una forma scannellata, ungetela bene con burro freddo e cominciate a riempirla nel seguente modo: se avete una buona conserva di frutta, come sarebbe di albicocche, di pesche od anche di cotogne, gettate questa, per la prima, in fondo alla forma e poi uno strato di crema ed uno di savoiardi intinti in un rosolio bianco. Se, per esempio, le scannellature della forma fossero diciotto, intingete nove savoiardi nell’alkermes e nove nel rosolio bianco e coi medesimi riempite i vuoti, alternandoli. Versate dell’altra crema e sovrapponete alla medesima degli altri savoiardi intinti nel rosolio e ripetete l’operazione fino a riempirne lo stampo.
I savoiardi badate di non inzupparli troppo nel rosolio perché lo rigetterebbero; se il liquore fosse troppo dolce, correggetelo col rhum o col cognac. Se il tempo avesse indurita la conserva di frutta (della quale in questo dolce si può fare anche a meno), rammorbiditela al fuoco con qualche cucchiaiata di acqua, ma nello stampo versatela diaccia.
Questa dose può bastare per sette od otto persone.
Nell’estate potete tenerla nel ghiaccio e per isformarla immergete per un momento lo stampo nell’acqua calda onde il burro si sciolga.
Saranno sufficienti grammi 120 a 130 di savoiardi.

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